Mi chiamo Paola Scapoli e sono un medico. Qualcuno mi definisce un medico un po’ atipico. Voglio raccontarvi la mia storia.
Sono da sempre molto sensibile al disagio psicologico. Sapevo sin dall’infanzia che avrei scelto una professione d’aiuto e che questo avrebbe contribuito in misura significativa a dare un senso alla mia vita. Crescendo, ho sviluppato un interesse sempre maggiore verso la medicina; tuttavia, dopo il diploma di maturità, sentendo l’esigenza di fare un’esperienza diversa, mi sono trasferita in Gran Bretagna e mi sono iscritta al primo anno della facoltà di Psicologia. E’ stato un anno straordinario, sotto molti punti di vista. Questa esperienza mi ha arricchita e mi ha dato l’opportunità di sperimentare il fascino ma anche le difficoltà di vivere in una terra straniera. Ho messo alla prova le mie capacità di adattamento, ho scoperto di avere limiti e risorse che non pensavo di avere, ho stretto amicizia con persone appartenenti a culture assai diverse dalla mia e mi sono innamorata della lingua inglese.
Ciononostante, dopo un anno ho sentito l’esigenza di tornare sui miei passi: sono rientrata in Italia e mi sono iscritta alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Torino, dove mi sono laureata nel 2003. La mia intenzione, inizialmente, era di proseguire la mia formazione specializzandomi in Psichiatria ma, come spesso mi era accaduto in passato, i miei interessi erano tanti e diversi, rendendo la scelta della scuola di specializzazione piuttosto difficile.
Dopo molte riflessioni e considerazioni ho deciso di specializzarmi in Medicina Nucleare, attratta dalla rapida evoluzione di questa branca della medicina e dagli sviluppi futuri, specialmente in ambito oncologico. Una volta acquisito il titolo di Medico Nucleare ho fatto alcune brevi esperienze lavorative in strutture sanitarie private a Milano e a Torino, fino ad ottenere un impiego a tempo indeterminato presso il reparto di Medicina Nucleare dell’IRCCS di Candiolo (TO), in cui ho lavorato per 14 anni e che ho anche avuto l’onore di dirigere per due anni e mezzo, incarico a cui ho successivamente rinunciato per poter portare avanti un altro progetto professionale.
Infatti, poco dopo avere ottenuto il tanto desiderato “posto fisso”, ho sentito forte il bisogno di riavvicinarmi al mondo della psicologia e mi sono iscritta al corso di specializzazione in Psicoterapia ad indirizzo Analitico Transazionale presso l’ITAT di Torino. Questa formazione è stata di grande importanza per la mia vita personale e professionale, aiutandomi sin da subito a dare una lettura differente agli eventi della vita e alle interazioni umane. Durante gli anni di servizio come medico ospedaliero, l’Analisi Transazionale mi è servita moltissimo per coltivare relazioni sane e costruttive con i pazienti e con i colleghi e mi sono convinta sempre di più della sua potenza ed efficacia, così come dei suoi praticamente illimitati campi di applicazione.
Come è successo a tanti, l’avvento della pandemia da Covid-19 ha innescato in me profonde riflessioni sulle mie priorità, sui miei reali desideri e su ciò che mi stava tenendo legata ad un modello di vita che non sentivo più adatto a me, riflessioni che mi hanno portata alla coraggiosa decisione di dimettermi dall’Istituto di Candiolo per poter dare avvio ad una mia seconda vita professionale. Sono orgogliosa e felice della mia scelta. Dal 2022 la mia passione è diventata il mio lavoro e ho realizzato il mio sogno, aprendo il mio studio a Torino, dove opero come psicoterapeuta in libera professione con adulti e giovani adulti.
La mia fame di conoscenza in ambito psicologico è insaziabile: continuo a studiare e a formarmi e, nonostante l’Analisi Transazionale sia il mio modello teorico-metodologico di riferimento, ho iniziato ad ampliare le mie conoscenze e competenze, conseguendo un master in Terapia Breve Strategica e completando la formazione di I livello in EMDR.
Inoltre, mi sto gradualmente avvicinando al mondo della mindfulness ed in particolare alle sue applicazioni per contrastare e prevenire la sindrome da burnout, una sindrome che ben conosco, sia avendone avuto esperienza diretta durante i miei anni di lavoro in ospedale, sia frequentando diversi corsi di formazione.
Come ho già sottolineato, sono una grande fan della lingua inglese, che continuo a praticare e a studiare. Sono in grado di offrire percorsi di psicoterapia in inglese, per stranieri che vivono in Italia ma non sono ancora in grado di esprimersi con scioltezza nella nostra lingua. Oltre all’attività clinica, mi sto occupando della traduzione dall’inglese all’italiano del sito web dell’Associazione Europea di Analisi Transazionale (EATA).
Recentemente ho aderito ad un progetto dell’ITAT (Istituto Torinese di Analisi Transazionale) che prevede l’offerta di colloqui di supporto alle problematiche ansiose per gli studenti dell’Istituto universitario IUSTO. Già nel 2021 avevo preso parte ad un progetto nazionale portato avanti dall’AIAT (Associazione Italiana Analisi Transazionale), una ricerca che aveva permesso di effettuare un’importante raccolta dati per poter validare il modello analitico transazionale nel trattamento dei disturbi ansiosi.
La mia intenzione è quella di fare tesoro non solo del mio bagaglio di conoscenze, ma anche delle mie esperienze personali e professionali per offrire un aiuto concreto a chi sta attraversando un momento difficile della propria vita e non riesce ad accedere alle risorse utili per affrontarlo. Parlo, ad esempio, degli studenti universitari “bloccati” con gli esami perché non riescono più a gestire l’ansia da prestazione e a vivere lo studio con serenità, riuscendo a sopravvivere a stento in un ambiente universitario particolarmente competitivo. Parlo degli operatori sanitari che non riescono più a sentire la forte motivazione che li aveva inizialmente spinti a scegliere una professione d’aiuto e che adesso faticano a dare un senso al proprio lavoro. Parlo anche di coloro che vorrebbero realizzare un sogno ma continuano a rimandare, nella speranza che prima o poi accada qualcosa di miracoloso che li spinga finalmente a prendere una decisione e che, nel mentre, vivono insoddisfatti e frustrati.
Più in generale, mi rivolgo a tutti coloro che sentono che “c’è qualcosa che non va”, pur non sapendo esattamente cosa. Spesso, infatti, è un vago malessere quello che compare, a cui non si riesce a dare un nome, di cui magari ci si vergogna e, per questo, si tende a tenere nascosto. C’è sempre una soluzione e parlarne con un professionista può essere il primo passo da compiere.